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Luciano Berio ricorda la genesi dei Six Encores*

Six Encores significa “sei bis”… Mi è capitato spesso di comunicare – con persone che amo, con cui c’è un legame affettivo, di rispetto – musicalmente, con delle “cartoline postali”. Per esempio, ho scritto dei Duetti per due violini, sono 34, e ogni duetto reca il nome di una persona… il primo è Béla (Béla Bartók), ce n’è un altro che si chiama Bruno (Bruno Maderna), e ancora Pierre [Boulez], e altri amici che non sono musicisti… e mi sono divertito molto, li ho fatti in un arco di tempo abbastanza ampio e ogni tanto, invece di comprare un regalo, scrivevo un duetto… La stessa cosa è un po’ per gli Encores. Ci sono quattro Encores che hanno titoli un po’ ironici: Wasserklavier, il pianoforte dell’acqua, diciamo; Feurklavier, il pianoforte del fuoco; Erdenklavier, il pianoforte della terra; e Luftklavier, il pianoforte dell’aria. Quindi: i quattro elementi della natura.
Tre di questi brani sono piuttosto difficili… Dedicandoli ad amici, pensavo: «se fosse un pianista, chissà, potrebbe usarli come bis». E infatti questo avviene ogni tanto! Gli altri due, invece, sono stati scritti l’uno [Leaf] in memoria di un giovanissimo pianista francese [Michael Vyner], che avevo ascoltato quando aveva diciotto anni eseguire la mia Sequenza per pianoforte; l’altro per un mio amico inglese [Michel Oudar]. Quindi c’è sempre questo dato autobiografico, esistenziale, legato anche a questi piccoli pezzi.
Il caso di Wasserklavier è interessante: avevo due cari amici a New York, dove ho vissuto per molti anni, che formavano un duo pianistico molto noto all’epoca, Gold e Fizdale. Eravamo a cena, una sera, e si discuteva dopo che mi avevano fatto ascoltare gli Intermezzi di Brahms registrati da Gieseking, un grandissimo pianista americano. A me non sono piaciuti quegli Intermezzi… perché… soprattutto in uno, nel n. 2 in Si bemolle minore [op. 117], lo alterava perché ne faceva una melodia accompagnata, mentre la scrittura di quell’Intermezzo è molto bella, molto sottile… non sai dove comincia la melodia che si trasforma in arabesco, l’arabesco si trasforma in melodia: diventa una sorta di polifonia virtuale, e non va trattata come una melodia accompagnata. Quindi abbiamo discusso ferocemente… e poi è finita, se ben ricordo, come al solito: con i pianisti ci si siede al pianoforte e si suona la Fantasia in Fa minore di Schubert, per fare pace!
Tornato a casa ho pensato a questo, e allora ho scritto un pezzettino, che è Wasserklavier, dove viene usato un elemento dell’Intermezzo di Brahms in Si bemolle minore e un elemento della Fantasia di Schubert, mescolati insieme. E l’ho chiamato Wasserklavier perché era un gesto gentile, come “lavare i piatti della discordia”…

* Intervento tenuto il 19 marzo 2001 al Museo Teatrale della Scala nel quadro delle “Serate Musicali” (Serata in onore di Luciano Berio). Trascrizione di Angela Ida De Benedictis.